“Gianni Bonagura, attore prestato al doppiaggio” di Stefano Sfondrini – Quando iniziai ad appassionarmi al doppiaggio, chiesi a un grande professionista come potessi fare per lavorare in questo mondo. Lui mi guardò un po’ confuso e, per capire meglio, mi chiese:
«Quindi tu vorresti fare il “doppiatore”, un po’ come un altro potrebbe desiderare di diventare calciatore, o barista?».
Io risposi di sì, era anche per questo che mi ero rivolto a lui. Che mi rispose sorridendo, avendo ora capito.
«Ma i “doppiatori” non esistono!».
Ora quello confuso ero io. Pensai: forse perché il doppiatore è famoso per la voce nella maggior parte dei casi, se lo vedi per strada non lo riconosci dal volto. Ma non mi sembrava la risposta.
«Nessuno è doppiatore se prima non è un grande attore. Se vuoi diventare doppiatore, diventa prima attore».
Di solito si dice: dopo di quello, tutto mi fu più chiaro. Mentirei. Per capirlo fino in fondo mi sono serviti due anni di studio di recitazione, durante i quali sì che ho capito cosa significhi dare vita a un personaggio diverso da noi stessi attraverso il proprio corpo e la propria anima.
Come si può pensare di prestare la voce a un’altra persona se prima non siamo in grado di interpretare quella persona, i suoi gesti, la sua anima?
“Anima” è la parola chiave. Quella che ha lasciato qualche settimana fa Gianni Bonagura, che ricordiamo oggi nel giorno del suo compleanno, ma che non lo ha mai abbandonato nelle sue interpretazioni. Quell’anima che solo i grandi attori – e quindi doppiatori – sanno infondere alle immagini in movimento a cui prestano la voce, e senza la quale il doppiaggio – che è recitazione, non lo si ribadisce mai abbastanza – non è possibile.
Non è possibile, senz’anima, riuscire a “incollarsi” a un personaggio come Igor (Marty Feldman) di Frankenstein Junior (film più volte elogiato anche per la traduzione dei dialoghi), incollarsi ai suoi movimenti dinoccolati e al suo corpo, compresa la gobba («quale gobba?»).
Ma non basta.
I grandi attori e quindi i doppiatori come Gianni riescono a interpretare non solo ruoli che sono loro congeniali: chi si trova meglio con l’eroe, chi con il cattivo, chi con altre tipologie caratteriali. I grandi attori riescono a interpretare quasi ogni ruolo, ogni tipo di rappresentazione – soprattutto la commedia, i ruoli comici, i più difficili. Nel caso di Gianni, non solo la goffaggine di Igor ma anche l’eleganza dell’investigatore Dick Charleston (David Niven) di Invito a cena con delitto. Sempre commedia, ma personaggi completamente diversi. E poi Danny DeVito, del quale ha condiviso i doppiaggi con Giorgio Lopez, altro grandissimo attore.
Com’è possibile tutto ciò? Be’, ormai dovremmo saperlo: Gianni è stato un grande attore. E non solo in studio di doppiaggio.
Mario Monicelli, Steno, Dino Risi e Luigi Magni sono solo alcuni dei registi con cui Gianni ha recitato. E prima ancora tanto teatro, anche con Zeffirelli, e durante tutta la vita anche tanta radio, come lettore di testi classici ma anche interprete di radiodrammi e romanzi sceneggiati – e le poesie di Giuseppe Gioachino Belli. Come La vita dell’omo, che si può sentire recitata proprio da Gianni nel video di Youtube che il figlio del doppiatore, Stefano Bonagura, ha condiviso sul proprio profilo Facebook per ricordare il padre:
Nove mesi a la puzza: poi in fassciola
tra sbasciucchi, lattime e llagrimoni:
poi p’er laccio, in ner crino, e in vesticciola,
cor torcolo e l’imbraghe pe ccarzoni.
Poi comincia er tormento de la scola,
l’abbeccè, le frustate, li ggeloni,
la rosalía, la cacca a la ssediola,
e un po’ de scarlattina e vvormijjoni.
Poi viè ll’arte, er diggiuno, la fatica,
la piggione, le carcere, er governo,
lo spedale, li debbiti, la fica,
er zol d’istate, la neve d’inverno…
E pper urtimo, Iddio sce bbenedica,
viè la Morte, e ffinissce co l’inferno.
A volte ci sembra che il tempo non passi mai. Altre, che un giorno, un mese, un anno – una vita – duri il tempo della poesia di Belli. Sembra una conclusione sconcertante: cosa possiamo fare se il tempo fugge così velocemente?
Rimane solo vivere come vogliamo, come ci piace, semplicemente. Come ha fatto Gianni. E come proprio lui, la sua voce, consigliava nel famoso monologo finale di Phil Cooper (Danny DeVito) in The Big Kahuna:
Goditi potere e bellezza della tua gioventù. Non ci pensare.
Il potere di bellezza e gioventù lo capirai solo una volta appassite.
Ma credimi tra vent’anni guarderai quelle tue vecchie foto.
E in un modo che non puoi immaginare adesso.
Quante possibilità avevi di fronte e che aspetto magnifico avevi!
Non eri per niente grasso come ti sembrava.
Non preoccuparti del futuro.
Oppure preoccupati ma sapendo che questo ti aiuta quanto masticare un chewing-gum per risolvere un’equazione algebrica.
I veri problemi della vita saranno sicuramente cose che non ti erano mai passate per la mente, di quelle che ti pigliano di sorpresa alle quattro di un pigro martedì pomeriggio.
Fa’ una cosa ogni giorno che sei spaventato: canta!
Non essere crudele col cuore degli altri.
Non tollerare la gente che è crudele col tuo.
Lavati i denti.
Non perdere tempo con l’invidia: a volte sei in testa, a volte resti indietro.
La corsa è lunga e, alla fine, è solo con te stesso.
Ricorda i complimenti che ricevi, scordati gli insulti.
Se ci riesci veramente, dimmi come si fa…
Conserva tutte le vecchie lettere d’amore, butta i vecchi estratti-conto.
Rilassati!
Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita.
Le persone più interessanti che conosco a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita.
I quarantenni più interessanti che conosco ancora non lo sanno.
Prendi molto calcio.
Sii gentile con le tue ginocchia, quando saranno partite ti mancheranno.
Forse ti sposerai o forse no.
Forse avrai figli o forse no.
Forse divorzierai a quarant’anni.
Forse ballerai con lei al settantacinquesimo anniversario di matrimonio.
Comunque vada, non congratularti troppo con te stesso, ma non rimproverarti neanche: le tue scelte sono scommesse, come quelle di chiunque altro.
Goditi il tuo corpo, usalo in tutti i modi che puoi, senza paura e senza temere quel che pensa la gente.
È il più grande strumento che potrai mai avere.
Balla!
Anche se il solo posto che hai per farlo è il tuo soggiorno.
Leggi le istruzioni, anche se poi non le seguirai.
Non leggere le riviste di bellezza: ti faranno solo sentire orrendo.
Cerca di conoscere i tuoi genitori, non puoi sapere quando se ne andranno per sempre.
Tratta bene i tuoi fratelli, sono il miglior legame con il passato e quelli che più probabilmente avranno cura di te in futuro.
Renditi conto che gli amici vanno e vengono, ma alcuni, i più preziosi, rimarranno.
Datti da fare per colmare le distanze geografiche e gli stili di vita, perché più diventi vecchio, più hai bisogno delle persone che conoscevi da giovane.
Vivi a New York per un po’, ma lasciala prima che ti indurisca.
Vivi anche in California per un po’, ma lasciala prima che ti rammollisca.
Non fare pasticci con i capelli: se no, quando avrai quarant’anni, sembreranno di un ottantacinquenne.
Sii cauto nell’accettare consigli, ma sii paziente con chi li dispensa.
I consigli sono una forma di nostalgia.
Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo per più di quel che valga.
Ma accetta il consiglio… per questa volta.