E se Cassel avesse ragione?
A proposito della pregevolezza del doppiaggio italiano, non stiamo nemmeno a citare i complimenti di Woody Allen a Oreste Lionello o di Stanley Kubrick al direttore del doppiaggio Mario Maldesi per “Arancia Meccanica”. Non li citiamo perché chi vuole trovare motivo di polemica lo trova comunque, e il suo “sì, però” è già dietro l’angolo
Sì, però…
Però qualche ragione Vincent Cassel ce l’ha.
Ha ragione perché un problema c’è (ma non è il doppiaggio)
Il fatto che i cinema italiani nel 99% dei casi non consentano di vedere un film in lingua originale è perché gli italiani non conoscono altre lingue oltre all’italiano. E se non c’è pubblico, e quindi non ci sono guadagni, perché chi distribuisce film dovrebbe buttare soldi?
Forse qualcosa cambierà. In effetti qualcosa sta già cambiando, anche se – spiace dirlo ma è così – grazie allo streaming pirata, per cui io posso scegliere (gratis!) se vedere un prodotto doppiato oppure in lingua originale. E grazie allo streaming sempre più giovani – per interesse? per snobismo? – scelgono la versione in lingua originale. Coi sottotitoli, ovviamente. Perché, come detto poco sopra, mica tutti conoscono altre lingue oltre all’italiano.
(Oddio, leggendo certe cose viene il dubbio che anche l’italiano non sia molto conosciuto, ma questo è un altro discorso).
Lo streaming pirata non è, ovviamente, la soluzione. Che è molto più complessa.
Sì, perché per fare in modo che i distributori portino nelle sale sia la versione doppiata sia la versione in lingua originale di un film, ci vogliono spettatori che conoscano le lingue, e per avere spettatori che conoscano le lingue, bisogna insegnarle.
E soprattutto insegnare l’importanza di conoscere più lingue.
Forse noi siamo in ritardo (mi ci metto anch’io all’alba dei trent’anni) ma per i nostri figli conoscere una o anche più di una lingua straniera permetterà non solo di gustarsi molti più film, libri, poesie e altre opere d’arte, ma soprattutto permetterà loro di avere un futuro molto più roseo di quanto non sia il nostro. Perché conoscenza vuol dire lavoro, e conoscenza di lingue e linguaggi significa possibilità di scelta tra lavorare in un paese che valorizza i suoi lavoratori e che premia il merito, o lavorare in Italia.
Vincent Cassel ha ragione: c’è un problema. Ma non è colpa dei doppiatori: è colpa di chi non investe nel nostro futuro.