Pino Locchi

Pino Locchi

Vita impossibile del signor Clark Costa, figura virtuale, composta dal volto di Clark Gable e dalla voce di Romolo Costa, l’attore italiano chiamato a doppiarlo, era il titolo di un articolo di Michelangelo Antonioni, pubblicato verso la fine del 1940 sulla rivista Cinema, decisamente contrario alla pratica del doppiaggio.

Lo era per motivi estetici, e – sotto sotto – anche politici, poiché il doppiaggio in Italia era una pratica facoltativa, ma obbligatoria. Il governo fascista, infatti, l’aveva imposta fin dal 1930, al fine i impedire che il cinema italiano “si mutasse in diffusore e propagatore di lingue straniere” (testuale, a un editoriale di una rivista ufficiale dell’epoca).

Ma nel 1940 il consenso al regime non era più unanime come dieci anni prima. Tra le righe – e non solo tra le righe – dalle più autorevoli pubblicazioni culturali si potevano già individuare le avvisaglie di un sia pur timido dissenso. Ragione per cui,  travolto il fascismo, si poteva prevedere che la pratica del doppiaggio sarebbe stata ridimensionata.
Invece il cinema italiano del dopoguerra, ritrovatosi con gli impianti tecnici distrutti o razziati, fu costretto a doppiare anche i propri film, che erano girati con una semplice colonna guida o, addirittura, muti, come fu il caso di Roma città aperta. La presa diretta venne perciò abbandonata e rimase inutilizzata anche quando gli studi ripresero a funzionare a pieno regime. Germi preferiva scindere la direzione dalla espressione, concentrandosi sull ’una o sull’ altra in tempi diversi.

Fellini faceva recitare ai suoi attori, professionisti e non, la tavola pitagorica. Tanto, diceva, al doppiaggio si aggiusta tutto. Intanto i film stranieri continuavano ad essere presentati doppiati; i sottotitoli erano una pratica ignorata. Con grande disappunto di Antonioni, ma con la soddisfazione i Pasolini, il quale, tra i due mali, il doppiaggio e i sottotitoli, considerava il doppiaggio il male minore.

Meglio perdere la voce originale dell’attore diceva, che costringere lo spettatore a leggere i sottotitoli, spezzando così il ritmo delle immagini. Una polemica che non finirà mai, se le società  di distribuzione e le sale non si decideranno a presentare i film sia doppiati che sottotitolati, lasciando agli spettatori la scelta.

Prima Fila

da Primafila n. 82 marzo 2002
Monografia a cura di Tiziana Voarino
La voce nell’ombra